giovedì 15 aprile 2010

Striscia filma la Polverini mentre parla di appalti e favori - Carlo Tecce



15 aprile 2010

Un grande elettore laziale, Vincenzo Zaccheo, presenta il conto alla neo-governatrice

La vena sindacalista di
Renata Polverini pulsa ancora. Seppur in dialetto romanesco: "A Vincè! 'A bello!". Il sindaco di Latina,Vincenzo Zaccheo - ex militante di Alleanza Nazionale - fa da promemoria: "Non ti dimenticare delle mie figlie!". E la governatrice del Lazio: "No, ma stai a scherzà?". Un incontro ufficiale e quindi pubblico, pizzicato dalle telecamere di Striscia la Notizia, diventa il manifesto politico dell'ex segretario dell'Ugl. La trascrizione integrale funziona senza orpelli né commenti.

Polverini: "Ciao Vincè...mi raccomando...hai portato 4 voti, hai portato!"

Zaccheo: "Ti voglio bene, guarda ci ho creduto. Ti devo dire una cosa: complimenti! Hai dimostrato di essere come me: una donna tenace! Io ho lottato, guarda, io sono andato a nuoto per te. Sono andato a Ponza, a Ventotene. A Ventotene sono andato a prendere 57 voti per te, non uno di meno. Il sindaco di Ventotene ti aspetta. Poi ho fatto…(sussurra all'orecchio della Polverini, ndr), non ti dimenticare delle mie figlie!"

P.: "No, ma stai scherzando? Domani mi faccio il calendario, mi faccio un giro".

Z.: "E soprattutto ti prego: non appaltare più a Fazzone".

P.: "No, no. Stai tranquillo".

Z.: "Ha perso 15.000 voti".

P.: "Ah bello!...(Si accorge delle telecamere e si defila, ndr) Non è che non ho chiare le cose come stanno".

Striscia la Notizia mostra le dinamiche della politica laziale: il 'corrispondente' da Latina fa il conto dei voti presi, uno per uno, racconta il suo sacrificio, le traversate a "nuoto". Amore per il partito, amore per la famiglia. Perché il sindaco di Latina nella mano destra offre il sostegno politico, nella sinistra chiede qualcosa in cambio. Un pensiero della Polverini per “le figlie”. Forse l'impegno di Zaccheo vale un doppio regalo: una rivisitazione geopolitica, l'invito a evitare "appalti" per il senatore Pdl Claudio Fazzone, il potente ras di Fondi, il comune in provincia di Latina che il Prefetto voleva sciogliere per infiltrazioni mafiose. Sembra che Fazzone stia lavorando alle caviglie di Zaccheo – con una raccolta di firme – per sfiduciare la sua amministrazione: "Falso allarmismo", aveva spento il fuoco Fazzone.

Il primo cittadino di Latina provava da giorni a incassare il successo della Polverini: "La vittoria di Renata sa davvero di trionfo. Ma mi piace sottolineare, ancora una volta, il ruolo decisivo che Latina ha avuto nel riconquistare al centrodestra la guida della Regione Lazio, piazzando tra gli eletti Stefano Galetto e Giovanni Di Giorgi con i quali ho condiviso la militanza politica in
An".

Occhio:
An, non Forza Italia né Pdl. E tra baci, abbracci e pacche sulle spalle, de visu, il grande elettore Zaccheo presenta il conto alla governatrice. Che oggi riceve la proclamazione ufficiale.

Da
il Fatto Quotidiano del 15 aprile

http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2473052&yy=2010&mm=04&dd=15&title=striscia_filma_la_polverini_me


Se scompaiono i testimoni della guerra - Barbara Schiavulli

15 aprile 2010
Liberarsi di un testimone, di quello sguardo critico sulla guerra che nessuno vuole avere puntato, non è una nuova offensiva della guerra afgana. La chiusura dell’ospedale di Lashkarg Gah, oltre al danno che subiscono le vittime afgane, toglie di mezzo una voce, un mucchietto di occhi che vivevano radicati in una zona, quella del sud sempre più difficile da raccontare. La guerra in Afghanistan si dovrebbe raccontare in tanti modi esattamente quante le sfaccettature e le contraddizioni di questo paese, seguendo tutti i fronti. Eppure questo non accade più. Resta uno degli eventi che hanno più spazio nei giornali, ma tra quello che si riesce a scrivere e quello che si riesce a vedere, c’è di mezzo una landa desolata di persone che non si possono più incontrare, di terre che non si possono attraversare, di strade minate. Nel 2002, poco dopo la fine dell’invasione americana l’Afghanistan era accessibile a chiunque avesse voglia di visitarlo. Pericoloso, ma non troppo. I pericoli erano ancora quelli che vivevano tutti, le mine nei campi, i banditi, i signori della guerra. Da Tora Bora, dove Bin Laden si nascondeva in qualche caverna, rasa al suolo dagli americani, si poteva scendere verso l’umida Jalabad, spingersi verso la famigerata Kandahar, risalire verso Herat, attraversare quella meraviglia che è il Panshir, proseguire verso la provincia di Bamyan per sentire i fantasmi dei Budda distrutti dai talebani.

Otto anni dopo tutto è cambiato. A Kabul ci si muove con circospezione, fingendo di non vedere i messaggi di allarme che ogni giorno ti manda l’ambasciata. "Segnalata Toyota pericolosa nella zona delle Nazioni Unite", oppure "Segnalato pericolo di attentati agli uffici del ministero degli Interni". Quasi mai la minaccia è reale, ma a volte sì. Un tempo si parlava con la gente, ci si tuffava nei mercati, si andava a mangiare nei ristoranti. Ora l’Afghanistan per molti che lo raccontano si è ristretto. Tutto quello che accade fuori Kabul è difficile da verificare. Mentre una volta si prendeva una macchina, il proprio autista, quello di sempre, di cui ci si fida e che rischia con te, oggi nemmeno loro si azzardano se non è necessario. Lo straniero è diventato una gallina d’oro per i talebani tornati in forze. Ciò non toglie che ci possono essere a volte, con qualche trucco e molta fortuna, delle possibilità. I colleghi stranieri, americani e inglesi, hanno reti di giornalisti locali che lavorano per loro e monitorano la situazione. Ma gli inviati stranieri scalpitano. É frustrante continuare a raccontare senza poter vedere.

Dopo il sequestro
Mastrogiacomo tornare a Kandahar sembrava impossibile, ma non se il giornalista della tv katariota al Jazeera, tra le più viste nel mondo arabo, ti presta il suo traduttore, dicendogli che sei una giornalista libanese e non italiana. Non è impossibile quando ti vesti come loro e sembri una di loro, e non perdi tempo. Ma non si può sempre azzardare. Raccontare la gente è sempre più difficile, perché il rischio di non tornare a scrivere è elevato. Solo qualche mese fa, un giornalista inglese del New York Times, correva nella provincia di Kunduz per cercare di parlare con qualcuno che aveva visto uno degli ultimi massacri della Nato, quando su richiesta dei militari tedeschi gli americani bombardarono un’autocisterna che era stata sequestrata dai talebani, ma nel farlo uccisero decine di civili.

All’inizio negarono, poi davanti all’evidenza dei giornalisti locali che raccontarono, si limitarono ad ammettere e chiedere scusa. I talebani non vogliono i giornalisti tra i piedi perché non riescono a capirne la funzione, i militari della Nato invece auspicano di far vedere il meno possibile le brutture di un’offensiva, perché il sangue sporca anche se è solo scritto sulle pagine di un giornale. Ma i giornalisti li tollerano nelle basi, purché la macchina della propaganda funzioni. Per molti, l’unico aspetto possibile da raccontare l’Afghanistan è "intruppandosi" con i soldati stranieri, che siano italiani nella zona ovest, con gli americani a sud o con gli inglesi nel cuore dei combattimenti. Si ha una visione da dentro il combattimento, ma ne è solo una porzione, che va coperta, ma che non deve essere l’unica per non essere di parte. Tra poco scatterà l’offensiva di Kandahar, la più grande lanciata dagli americani, già ne parlano da settimane, alcuni fortunati saranno con i soldati, altri staranno nelle retrovie ad accontentarsi di veline.

I fondamentali giornalisti locali proveranno a raccontare l’altra parte quella che ogni altro giornalista straniero vorrebbe vedere, ma che non riuscirà a farlo anche perché i giornali che viaggiano sempre più in ristrettezze economiche preferiscono mandare i propri giornalisti con i militari che non costano niente piuttosto che pagare, hotel, traduttori, qualcuno perfino la scorta, che in realtà, diventando più visibili, aumenta il rischio. L’Afghanistan abbandonato quando iniziò la guerra in Iraq, è tornato sulla notizia con la elezioni di
Obama, ma le grandi inchieste, le grandi storie, faticano ad uscire. Ma per quel poco che si può fare, proprio come un ospedale che riesce a curare anche solo un ferito, si deve continuare ad andare, perché come disse Shermeen, una traduttrice straordinaria, "se voi non venite a raccontare, noi, che la guerra la subiamo ogni giorno, per il resto del mondo non esistiamo".

Da
il Fatto Quotidiano del 15 aprile



Adro, rivolta contro il benefattore dei bimbi - Elisabetta Reguitti

15 aprile 2010

Nel paese del Bresciano le mamme contro il "pasto per tutti". In 200 scrivono al Comune per sostenere il sindaco leghista

Mamme in piazza per sostenere il sindaco che ha deciso di sospendere il pranzo ai bambini delle famiglie che non pagano la retta. Duecento genitori che scrivono annunciando che la mensa o la pagano tutti o tutti non la pagheranno. Il gesto di "saldare" le pendenze delle famiglie morose (ora sono 24 sulle 40 iniziali) fatto dall’imprenditore bresciano ha innescato proteste e una ancora più forte solidarietà al sindaco leghista di Adro
Silvano Lancini, che guardacaso si chiama nello stesso identico modo del "rivoluzionario" benefattore. Segno forse che la politica dell’uno contro l’altro funziona.

Adro, 7 mila abitanti. Una sede leghista con una grande vetrata nella quale è appeso un enorme rosario. Adro, il paese in cui l’unica sala pubblica costa mille euro; così si evita di incentivare le eventuali riunioni pubbliche delle associazioni. Adro, dove il sindaco ha rinunciato al contributo regionale di oltre 50 mila euro per il
bonus della casa (per tutti stranieri compresi) ma ha istituito un fondo comunale riservato soltanto per gli italiani.

Ma torniamo alla vicenda della mensa: molti bambini erano "colpevoli" di essere figli di genitori che non avevano pagato ciò che dovevano. Cifre che oscillavano dai 30 fino ad un massimo di 400 euro per un totale di ammanco di 16mila euro.

Come pensiero pasquale ai bambini vengono consegnate delle buste chiuse in cui i genitori vengono invitati a pagare. Diversamente, al rientro, ci sarebbe stato il "salto del pasto". Alcuni pagano altri no. Ma chi sono quelli che non pagano e soprattutto perché? Una domanda che l’amministrazione sembra non essersi posta. Di solito in questi casi ci sono assistenti sociali che cercano di capire le situazioni. Ad Adro no. E dunque: leghisti (magari in cassa integrazione) contro stranieri (magari pure loro in cassa integrazione). A queste latitudini sembra il mondo alla rovescia. Dove anche la Chiesa tace. Parlano magari le associazioni ma non i preti. Chi parla e cerca una soluzione è la
Cgil di Brescia. Il neo-segretario Damiano Galletti crede che un sindacato debba unire anziché dividere e quindi propone, parla con il sindaco, scende in piazza cercando di fare qualcosa che serva. Qui il concetto che i bambini vengano prima di tutto sembra secondario. "Questi sono i frutti della politica di divisione della Lega. Genitori che fanno fatica a pagare la retta che anziché pretendere che il comune si occupi di loro attaccano gli altri".

I temi di cui parla la
Cgil sono due e sono davvero semplici: il primo è attuare una seria valutazione di chi è in difficoltà da chi magari, invece, fa il "furbetto". Il secondo è più ampio e riguarda la sfera educativa. Considerare l’ora di pranzo (per i piccoli dell’asilo e delle elementari) inserita a pieno titolo nell’attività educativa e dunque meritevole di essere sostenuta anche dal piano economico delle istituzioni.

LEGGI

Digiuno e castigo: scene dalla nuova Italia di Dario Fo e Franca Rame

Il prezzo del pane di Elisabetta Reguitti

Da il Fatto Quotidiano del 15 aprile

http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2473301&title=2473301




Estensione scudo fiscale


Dopo aver visto "report", e quello che succede ai poveri cittadini che cadono nella rete dell"'Ufficio delle entrate" e delle società affidatarie per la riscossione dei contenziosi, ho sentito il dovere ed il bisogno di lanciare un'iniziativa su facebook, con la speranza che in molti vi aderiscano.
L'iniziativa è questa:


"Lanciamo l'iniziativa di estendere a tutti i cittadini che hanno un contenzioso con l'ufficio delle entrate l'applicazione dello "scudo fiscale" concesso, attualmente, solo ai grandi evasori.Noi cittadini "normali", in quanto cittadini impossibilitati ad ottemperare ai propri doveri, causa la crisi economica, vogliamo usufruire a pieno diritto dell'agevolazione concessa ai grandi evasori in virtù dell'art. 3 della Costituzione che recita:

"Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese."


Se trovate giusta questa iniziativa, diffondetela. Grazie.