giovedì 13 settembre 2012

Gaia - The future of politics.



http://www.casaleggio.it/thefutureofpolitics/

Øystein Sevåg - My Heart



Per me è stato per anni il brano che mi ha aiutato a sentire il battito del cuore.
Oystein sevag con un brano che è fra i cento (forse anche meno) che mi hanno ricondotto a forti emozioni... Quando ragazzo e pieno di sogni giravo per le colline e i torrenti della mia terra.
"My Heart"... Il battito del cuore in un brano pluviale che vi porterà lungo il grande corso d'acqua di qualsiasi fiume amiate e della vita.
Ascoltate il battito...

Per me è grande.




Ermanno Bartoli.






Verosimile....



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VOCE DEL VERBO VIOLARE. - Marco Travaglio


Mancino, Violante, Cossiga

Premesso che il Fatto non ha mai chiesto le dimissioni del capo dello Stato, né fa parte di “blocchi” di “populismo giuridico” per “abbattere il Quirinale”, ma ha soltanto scritto che Napolitano ha sbagliato – venendo meno alla sua imparzialità – ad assecondare le pressioni di Mancino contro la Procura di Palermo e sarebbe ora che tutti lo ammettessero, segnaliamo all’opinione pubblica il caso di un uomo politico di centrosinistra che ha più volte tentato di abbattere il Quirinale.

Questo politico ha firmato un’interrogazione parlamentare al governo contro l’inquilino del Colle – peraltro irresponsabile per ogni suo atto, secondo la tesi dello stesso politico – a proposito di alcune esternazioni contro i magistrati, domandando “come il governo ritenga di conciliare queste affermazioni, se vere, con il tragico record che l’Italia ha, nel mondo occidentale, del più alto numero di magistrati uccisi, per fedeltà alla Repubblica, da terrorismo e mafia” (Ansa, 8 maggio).

Poi il politico ha chiesto al governo di “presentarsi alle Camere e di esprimere le proprie posizioni sulle questioni sollevate dal Presidente” sulla giustizia e di dire “quali iniziative ha adottato o intende adottare per favorire le indagini”, “rimuovendo ogni segreto” (Ansa, 16 maggio).

Inoltre il politico in questione ha definito “inaccettabili molte posizioni del Capo dello Stato”, “arrogante” perché “attacca i giudici e dice ‘dimentichiamo il passato’” (Ansa, 19 ottobre). 

Il politico ha poi minacciato: “Stiamo studiando se ci sono gli estremi per la messa in stato d’accusa del presidente della Repubblica per attentato alla Costituzione”, che ormai “dilaga con ottiche presidenziali di fatto” (Ansa, 23 novembre). 

Qualche giorno dopo, il nostro politico ha invitato “il Tribunale dei ministri a esaminare subito la posizione del capo dello Stato” e i pm a proseguire le indagini, perché “qualsiasi sospensione o blocco che derivasse dall’iniziativa del Presidente della Repubblica costituirebbe un nuovo arbitrio in una situazione istituzionale già assai gravemente deteriorata a causa dei comportamenti del Presidente” (Ansa, 28 novembre). 

Una settimana dopo il politico di cui sopra ha annunciato la richiesta del suo partito per la “messa in stato d’accusa del presidente della Repubblica, che in sostanza si è comportato non come soggetto imparziale, ma come capo di un partito. Se vuole fare il capo di un partito, si dimetta da presidente e faccia come tutti gli altri. La nostra denuncia è già stata inviata al comitato parlamentare per i procedimenti d’accusa. Se archivia subito, si pone il problema se raccogliere le firme per discutere a Camere riunite. Se invece si aprono le indagini, si porrà un problema di incompatibilità politica tra il presidente della Repubblica rappresentante dell’unità nazionale e il presidente della Repubblica imputato” (Ansa, 6 dicembre). 

In ogni caso il politico ha ribadito “la necessità che il Presidente lasci il Quirinale al più presto” perché “non può rappresentare degnamente le elevate funzioni di capo dello Stato chi si assume le funzioni dell’ufficio legislativo della presidenza del Consiglio” (Ansa, 8 febbraio). 

Oltretutto, ha aggiunto, è “un ricattatore” e “un mentitore spudorato” (9 febbraio). 

Contro il capo dello Stato è intervenuta anche Magistratura democratica: “Al riparo della irresponsabilità assicuratagli dalla sua carica, il Presidente della Repubblica prosegue nell’ormai sistematica campagna di delegittimazione della magistratura e dei giudici. La risposta dei magistrati democratici dovrà essere come di consueto il massimo rigore nella propria attività unito al più fermo rispetto delle regole. I cittadini valuteranno chi difende le istituzioni e chi concorre a screditarle” (Ansa, 9 luglio). 

Il nostro politico è il participio presente del verbo Violare, il Presidente si chiamava Cossiga, le date dei dispacci Ansa si riferiscono agli anni 1991-'92.

Come passa il tempo.

Monti: “Temo che sforzi siano vanificati”. E non chiude a un futuro politico.


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Il premier, in un'intervista al Washington Post, afferma di "non avere ancora pensato" a un'eventuale candidatura. "Per adesso il futuro politico sul quale sono concentrato finisce con le elezioni". E si dice "preoccupato" per la sorte che le misure prese dal suo esecutivo avranno nella prossima legislatura.

“Ho paura che tutti gli sforzi vengano vanificati e non ho ancora riflettuto sul mio futuro”. Così il premier Mario Monti, in un’intervista al Washington Post concessa lo scorso week end a Cernobbio risponde a una domanda sul suo futuro e sulla possibilità che gli venga chiesto da una coalizione di partiti, dopo le prossime elezioni, di rimanere alla guida del governo. “Sono stato talmente impegnato a governare il Paese in questi difficili mesi”, dice il premier, “da non aver potuto riflettere su una tale ipotesi e su quale risposta dare a una richiesta del genere”. “Il futuro politico sul quale sono concentrato – aggiunge Monti- finisce nella primavera del prossimo anno con le elezioni”.
Il presidente del Consiglio è inoltre “preoccupato” che gli sforzi fatti dal governo e i progressi compiuti dal Paese siano vanificati dopo l’uscita di scena del suo esecutivo. “Naturalmente sono preoccupato”, risponde il premier intervistato dal Washington Post, “ma ho la speranza – poi prosegue – che questo non accadrà perché i politici hanno avuto il tempo di riflettere e stanno lavorando al loro rinnovamento”. Inoltre, aggiunge Monti, “l’Italia, come altri Paesei, sta operando nell’ambito di regole europee che limitano il grado di politiche creative che possono essere introdotte da qualsiasi nuovo governo o Parlamento”. 
Il premier, inoltre, parlando dei sacrifici richiesti agli italiani, sottolinea come sia “doloroso per il governo chiederli e doloroso per i cittadini accettarli”, aggiungendo che “per completare il processo di riforme avviato dal governo tecnico ci vorranno anni”. “Forse – sottolinea Monti- se fossimo un normale governo politico sarebbe ancora più difficile”. “Per questo – aggiunge nell’intervista pubblicata due giorni fa dal Washington Post – è importante per me in quanto primo ministro e per i miei ministri distanziarci da qualsiasi speculazione sul futuro, finché ricopriamo questi incarichi la gente capirà che questi sacrifici sono necessari e avrà la speranza che questo consentirà all’Italia di mettersi su un cammino nuovo, più solido e produttivo”. 
Monti mette di nuovo l’accento su quanto fosse drammatica la situazione dell’Italia quando, a novembre dell’anno scorso, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano spinse per le dimissioni dell’esecutivo guidato da Silvio Berlusconi per aprire la via al governo tecnico. ”E’ molto inusuale per un Paese chiedere a delle persone che non sono politici di arrivare e guidarlo – spiega – Questo dà la misura di quanto cattiva fosse la situazione”. Monti afferma di non aver esitato ad accettare il ruolo di capo del Governo, e di aver avuto ben presente la gravità della situazione: “Mi è stato chiesto di governare per circa 13 mesi, il che implica immediate, forti, urgenti e dure azioni per impedire che l’Italia esplodesse finanziariamente portando con sé l’esplosione del’Eurozona. Fin dal primo giorno gli Stati Uniti e il presidente Obama sono stati inusualmente interessati a quello che facevamo e molto incoraggianti”.

Cosa hai fatto oggi?



Il papà torna a casa e chiede : OH MAMMA MIA ! CHE COSA E’ SUCESSO QUI ?!! La mamma risponde : SAI OGNI GIORNO QUANDO TORNI DAL LAVORO MI CHIEDI CHE COSA FACCIO TUTTO IL GIORNO, BEH OGGI NON L’HO FATTO !!

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Michele Vietti vice presidente del CSM.



Il SOBRIO Boss e storia Legislativa da Film dell'ORRORE: Polemiche e controversie [modifica]

L'elezione di Vietti alla carica di vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura[3] è stata oggetto di polemiche[4][5], e di un appello da parte di arcigay e delle principali associazioni LGBT italiane[6], in quanto autore della legge sul legittimo impedimento, della riforma del falso in bilancio[7] e della pregiudiziale di costituzionalità che ha bloccato nel 2009 una proposta di legge che prevedeva l'aggravante per i crimini di natura omofobica[8]. La scelta di firmare la pregiudiziale fu così motivata: "l'espressione [tendenza sessuale] è estremamente generica in quanto può indicare fenomeni specifici come l'omosessualità oppure, più in generale, ogni «tendenza sessuale» comprendendo anche incesto, pedofilia, zoofilia, sadismo, masochismo e qualsiasi altro genere di scelta sessuale, che nulla ha a che vedere con l'omosessualità"[9].


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Non Abbiamo nessuna Certezza. - Marco Canestrari


Etica e Democrazia - Soluzioni EccoCosaVedo

Viviamo alla ricerca di certezze. Vorremmo tanto sapere cosa succederà in futuro per poter stare tranquilli e vivere senza paure. Chi non lo vorrebbe tutto questo? Ma come ci muoviamo per ottenere ciò? L'unico strumento che conosciamo è la nostra memoria. Quindi ci attacchiamo avidamente a tutte le nostre esperienze passate, cercando di crearci una mappa per il futuro. Ma possono tutte le informazioni del passato darci anche solo una minima informazione sul futuro? Non stiamo forse ignorando qualcosa?
Se la nostra attenzione oscilla continuamente tra le memorie del passato e le speranze future (che sono solamente delle idee, delle nostre immaginazioni) ignoreremo costantemente il presente che, vivo e in continuo mutamento, sta pulsando davanti ai nostri occhi. Se quindi siamo alla ricerca di certezze nella vita, perché continuarle a cercare nelle idee, nei luoghi della fantasia? Il presente è vivo, reale e accessibile ad ognuno di noi. Continuare ad ignorarlo, vivendo di aspettative, ci porterà a vivere in una perpetua incertezza, e quindi nella paura.

- Il presente stesso è movimento. Nulla di reale è costante, solo i contenuti delle idee e delle memorie possono esserlo - Marco Canestrari

Caselli: Su quel palco c’ero anch’io, Sabelli sopra le righe. - Gian Carlo Caselli



C’ero anch’io, alla festa del “Fatto” di Marina di Pietrasanta, domenica scorsa. E non fra le seimila persone assiepate sotto e intorno al palco. Proprio sul palco. Insieme con Antonio Ingroia, Nino Di Matteo, Marco Travaglio e Marco Lillo. Per assistere e partecipare – dall’inizio alla fine – all’iniziativa organizzata in occasione della consegna di oltre 150 mila firme di cittadini raccolte dal “Fatto” per solidarietà verso i magistrati della Procura di Palermo. Posso quindi dire – serenamente – che le reazioni del collega Rodolfo Sabelli, presidente dell’Associazione nazionale magistrati (Anm), mi sono sembrate decisamente sopra le righe. 

Sostiene Sabelli che la legittimazione della magistratura si fonda sulla fiducia e non sulla ricerca del consenso della piazza. Vero. Ma a Marina di Pietrasanta i magistrati di Palermo si sono limitati a prendere atto che un numero enorme di cittadini voleva esprimere loro proprio e solo fiducia. Fiducia per il lavoro di complessità assolutamente eccezionale che essi stanno svolgendo. Con un coraggio intellettuale non comune, essendosi inoltrati consapevolmente – guidati soltanto dall’interesse generale all’osservanza della legge – nel labirinto vischioso rubricato alla voce delle “trattative” fra Stato e mafia che si sarebbero variamente intrecciate, persino dandovi causa, con le stragi del 1992 / 93. Un labirinto nel quale si intravvedono o si intuiscono – oltre ad interessi propriamente criminali – altri interessi, non meno oscuri e torbidi. 

L’idea di raccogliere le firme è stata di Margherita Siciliano, una signora di Collegno, lettrice del “Fatto”, apparsa poi (anche lei era sul palco) piuttosto timida. Nulla che evochi piazze esagitate. Semplicemente un’iniziativa autenticamente popolare e spontanea, non richiesta né sollecitata in alcun modo dai magistrati. Un’iniziativa che il capo del Sindacato della magistratura dovrebbe apprezzare, anche perché ha determinato una valanga di adesioni (ben oltre ogni più ottimistica previsione) che rappresentano una formidabile manifestazione di fiducia verso la categoria. Esattamente quello che Sabelli chiede e che si inserisce nella situazione di difficoltà e di isolamento dei colleghi palermitani come una preziosa boccata d’ossigeno. 

Questa situazione di isolamento è stata denunziata soprattutto da Nino Di Matteo, che ha anche lamentato il silenzio assordante dell’Anm. Bè, dal capo dell’Anm mi sarei aspettato un contraddittorio basato sull’analitico e scrupoloso elenco degli interventi svolti a sostegno della Procura di Palermo, da tempo nell’occhio del ciclone di polemiche spesso pretestuose. Invece nulla di simile. Anzi, una stizzita presa di posizione che si è risolta in una serie di bacchettate su vari versanti: dall’accusa di sovraesposizione a quella di comportamenti oggettivamente politici che rischiano di offuscare l’imparzialità, soprattutto se si è titolari di inchieste che si prestano a strumentalizzazioni. Accuse che la magistratura palermitana (e non solo) sente ripetere da tempo e che possono facilmente essere contrastate dalla constatazione che non è la magistratura a essersi inventata i rapporti fra mafia e politica. Essi sono realtà della storia di ieri e di oggi del nostro Paese, e Ingroia – parlandone – non fa politica ma storia, peraltro senza mai entrare nel merito delle inchieste, ma proprio al fine di contrastare le strumentalizzazioni che giustamente preoccupano Sabelli. Il quale ha anche sostenuto che i magistrati presenti sul palco avrebbero dovuto dissociarsi, magari alzandosi e andandosene, da alcune considerazioni espresse nei confronti del presidente Napolitano. 

Senonché, dopo la consegna delle firme, l’iniziativa è proseguita non con un confronto-dibattito ma con l’esposizione di vari contributi autonomi. Difficile condividere la tesi che vi sarebbero responsabilità in caso di mancata esplicita dissociazione quando uno dei partecipanti all’iniziativa esponga sue opinioni su argomenti obiettivamente controversi. Fino a pretendere una qualche forma di dissenso plateale, quasi si trattasse di un talk-show qualunque. Credo che in questo modo si finisca per fare, involontariamente, un torto allo stesso presidente Napolitano. Perché non siamo più ai tempi (1852) del consigliere di cassazione Ignazio Costa della Torre, condannato ad una pesante sanzione (poi condonata in parte) perché in un opuscolo in difesa del privilegio della giurisdizione ecclesiastica aveva sostenuto, offendendo la persona sacra ed inviolabile del Re, che un ministro gli aveva posto in bocca il discorso della corona. Dallo Statuto Albertino siamo passati alla Costituzione repubblicana. Che impone ai magistrati, come a tutti i cittadini italiani, di rispettare l’istituzione Capo dello Stato, ma non impedisce di discutere – ad esempio – sull’opportunità o meno di sollevare il noto conflitto avanti alla Consulta. 


http://temi.repubblica.it/micromega-online/caselli-su-quel-palco-c%E2%80%99ero-anch%E2%80%99io-sabelli-sopra-le-righe/

STATO DI POLIZIA TRIBUTARIA. - Eugenio Benetazzo


Eugenio Benetazzo

Col nuovo redditometro, l'agenzia delle Entrate potrà determinare il potenziale di reddito di ogni contribuente sulla base di un elenco di voci di spesa. Uno strumento oppressivo, che ha già prodotto una contrazione dei consumi e la delocalizzazione di famiglie e imprese. Una perdita di risorse che aggraverà la crisi.

"Sarà pronto entro fine ottobre il nuovo redditometro, strumento messo a punto dall'Agenzia delle Entrate per valutare la compatibilità delle spese dei contribuenti con il reddito dichiarato prima di far scattare eventuali controlli. Nel mirino, colf, palestre, asili, automobili. E c'è chi teme che il nuovo strumento possa diventare troppo invasivo, e che si trasformi in uno studio di settore applicato a 22 milioni di famiglie e 50 milioni di contribuenti.
Come valuta il nuovo redditometro? E' uno strumento efficace secondo Lei? "


Il redditometro è uno di quegli strumenti di accertamento coatto che caratterizzano il modus operandi dell'autorità di vigilanza fiscale italiana, molto conosciuto anche all'estero per la sua capacità di essere particolarmente opprimente nei confronti del contribuente, forte di una presunzione oggettiva che conferisce potere all'autorità e all'amministrazione finanziaria, a fronte dei processi di accertamento fiscale. Il redditometro presuppone un elenco di voci di spesa che, per presunzione oggettiva, consentono all'autorità finanziaria di determinare il potenziale di reddito che scaturisce da un contribuente a fronte della sua attività di consumo, della fruizione di determinati servizi e della detenzione di determinati beni che possano manifestare un determinato tenore di vita.

Colf, palestre, persino le donazioni alle Onlus. Il redditometro non rischia di colpire chi già paga le tasse?

L'esecutivo attuale all'interno del piano di rilancio e di risanamento dell'economia italiana, ha individuato nell'ampliamento della sfera d'azione del redditometro, uno strumento utile atto a contrastare il fenomeno evasivo in Italia. Questo ampliamento della sfera d'azione presuppone un aumento delle voci che l'autorità fiscale può utilizzare in fase di predeterminazione del reddito attraverso il ricorso alla presunzione oggettiva. Ciò significa che a fronte di determinate spese o detenzione di determinati beni, l'Agenzia delle entrate può presupporre che il contribuente possa avere un tenore reddituale particolarmente elevato o agiato. Nello specifico, possiamo indicare come recentemente siano state inserite voci di spesa quali le iscrizioni a circoli sportivi, a palestre, oppure anche il ricorso a badanti per il supporto ai propri parenti alla terza e quarta età. 
L'italiano medio si trova ancora una volta a vivere in uno Stato di Polizia tributaria con un aumento e un'oppressione fiscale che probabilmente non ha precedenti storici, e contribuente medio si trova nelle condizioni di evitare di effettuare determinati consumi che possano generare eventuali fenomeni di accertamento tributario da parte dell'Agenzia. Non dimentichiamo, tanto per fare determinati esempi, come anche un viaggio - vacanza tanto desiderato, a fronte di risparmi e di rinunce accantonati nei mesi precedenti, per un importo superiore a 3600 Euro, oggi rappresenti una di quelle voci che consentono allo strumento del redditometro delle valutazioni da parte dell'agenzia sul tenore di reddito del contribuente. Dopodoché, non dobbiamo confondere tra attività di accertamento e evasione fiscale, in quanto se una persona ha un profilo reddituale certo, sano, a fronte del quale vengono onorate e regolarmente pagate le imposte dovute, ogni tipo di fenomeno di consumo o di spesa rientra e è giustificabile nei confronti di qualsiasi terzo. 

Quali sono i rischi di uno strumento del genere in piena recessione?
L'utilizzo del redditometro come strumento di accertamento coercitivo da parte del governo è stato in più occasioni contestato da autorità istituzionali, anche non italiane, e soprattutto anche da personalità e autorità del mondo accademico internazionale come i Nobel Stiglitz e Krugman, i quali mettono in profonda discussione l'utilizzo di questi strumenti. 
Il consenso a questa lettura è condivisibile, perché un comportamento di questa portata da parte dell'esecutivo, produce una contrazione dei consumi: il consumatore medio, intimorito da un possibile peggioramento del quadro sul piano fiscale da parte delle autorità di vigilanza italiane, tende a evitare determinati consumi, oppure a spostarli più avanti nel tempo o peggio ancora a 'dissimularli' utilizzando, per esempio, veicoli societari paralleli che consentono di eludere sia i controlli sia la generazione di determinato gettito fiscale. 
Le recenti dinamiche sull'evoluzione del Pil italiano dimostrano come la domanda aggregata, soprattutto per quanto riguarda il livello dei consumi medi, abbia subito una pesante battuta d'arresto dovuta proprio a un'eccessiva ingerenza e un'appesantita oppressione da parte dell'Agenzia delle entrate. 
Quello che posso aggiungere io, in qualità di economista indipendente, è il sentiment e i messaggi che mi mandano molti lettori, i quali mi trasmettono non solo un senso di astio e diffidenza nei confronti di chi ci sta governando, ma addirittura nei confronti dell'intero Paese. E' proprio per questo motivo che vi sono sistematicamente ogni mese centinaia di italiani che abbandonano il nostro paese, se ne vanno via, delocalizzano la propria vita, non solo sul piano finanziario, ma anche sul piano imprenditoriale o professionale, trasferendosi in altri paesi che sono molto più accondiscendenti e incentivando addirittura gli ingressi all'interno del proprio territorio. Penso anche a Paesi all'interno dell'Unione Europea che, letteralmente, attraggono il buon contribuente italiano, il buon imprenditore italiano, sapendo che questo nel tempo è generatore di gettito fiscale, è generatore di risparmio, è generatore di posti di lavoro
Purtroppo noi italiani in questo momento stiamo vivendo una forte perdita di capitali e risorse di natura finanziaria che, per timore dei fenomeni aggressivi e oppressivi di accertamento da parte delle autorità, preferiscono migrare e andare su giurisdizioni diverse, molto più compiacenti e favorevoli alla spesa, alla messa in circolo di questo denaro. La stessa cosa sta avvenendo per quanto riguarda anche le imprese, stanche di questi comportamenti oppressivi da parte delle autorità, che decidono di chiudere a chiave i propri stabilimenti, le proprie fabbriche, i propri opifici e si trasferiscono altrove, questo rappresenta il vero danno che al momento attuale sta colpendo il nostro paese. 
Per tornare alla Sua domanda iniziale: in questo momento si dovrebbe riflettere se questa strada sia effettivamente efficace, cioè porti a generare dei consistenti benefici nel medio - lungo termine. Non vorrei che per raccogliere un importo stimato di 100, magari nei prossimi 3 o 4 anni ne perderemo 500 di gettito indotto da attività e capitali che anziché rimanere in Italia lasciano i nostri confini e vanno a insediarsi altrove. 

Foxconn: Studenti universitari costretti a diventare operai. Il lato oscuro di Apple.


In quello che dovrebbe essere l'ennesimo giorno di gloria per la Apple, due articoli, apparsi rispettivamente sullo Shanghai Daily e sullo Shanghai Evening Post, svelano ulteriori retroscena sul lato oscuro della mela: la megafabbrica Foxconn, in Cina, dove si assembla il nuovo iPhone 5, ultimo gioiello della azienda di Cupertino. 
"Foxconn Undercover", è il nome del reportage, scritto da un giovane reporter cinese che si è infiltrato nella fabbrica-lager, lavorando dieci giorni come operaio. Dieci giorni da incubo, con turni di lavoro notturno da 10 ore l'uno, condizioni igieniche pessime e vessazioni continue da parte dei superiori. Un inferno che vien ripagato con un salario miserevole (meno di 200 euro) e "l'onore di aver lavorato al nuovo prodotto Apple". 
"Secondo i miei calcoli, devo terminare almeno 5 mascherine di iPhone al minuto. In 10 ore devo finire 3000 mascherine posteriori dell'iPhone 5. Ci sono in totale 4 linee di produzione incaricate di questo processo, 12 operai per ogni linea. Ogni linea può produrre 36000 mascherine posteriori di iPhone 5 in mezza giornata. Roba da far spavento... Finisco di lavorare alle 7 del mattino"
Il CEO di Apple, Tim Cook, aveva visitato gli impianti della Foxconn lo scorso marzo, e non aveva smesso di ripetere che l'azienda era fermamente intenzionata a migliorare le condizioni di lavoro nelle proprie fabbriche cinesi. Se le notizie riportate dal giornalista dovessero essere confermate, il ritorno di fiamma, per il marchio fondato da Steve Jobs, potrebbe essere di proporzioni enormi.
Pessime notizie arrivano anche dal quotidiano Shangai Daily, rilanciate oggi da un articolo del New York Times. Foxconn starebbe impiegando forzatamente degli studenti universitari come manodopera a basso costo. 
Come riporta anche agichina24.it "a Huai'an, nella Cina orientale, migliaia di studenti universitari vengono cooptati dalle autorità locali, forzati a interrompere le lezioni, e spediti al lavoro negli stabilimenti Foxconn, azienda taiwanese licenziataria di Apple."
A rivelare i particolari, una studentessa cinese, "mengniuIQ84": 
"Gli studenti-operai hanno iniziato a lavorare giovedì scorso con una paga di 1550 yuan mensili (circa 193 euro) e turni che possono arrivare a 12 ore al giorno, per sei giorni a settimana. Ma devono pagare di tasca propria vitto e alloggio - racconta mengniuIQ84 - e anche se le scuole hanno siglato con Foxconn un accordo per un periodo di tirocinio, non hanno informato né studenti né genitori. Una o due scuole hanno cancellato i programmi di stage con la Foxconn, ma il mio istituto li ha confermati, punendo anche alcuni studenti che si erano opposti".

On. Boccia del PD "Non prendo lezione di democrazia dai tedeschi". Io invece sì. - Sergio Di Cori Modigliani



Questi qui, per davvero, sembrano proprio non rendersi conto di ciò che dicono.“In Italia c’è stata troppa democrazia, che ha finito per inceppare e bloccare il sistema”.Così, l’on. Gelmini del PDL. Non è una sorpresa, vista la fonte.In compenso, l’on. Boccia, in teoria una “faccia nuova” della nomenklatura dirigente del PD, ha dichiarato: “Io non accetto e non prendo lezioni di democrazia dai tedeschi”.Io, invece, sì. Le accetto. Eccome se le accetto. E sono anche ben accolte.A parte il fatto che, mentre l’Italia dormiva i suoi consueti sonni secolari, rimanendo al palo, la Germania produceva Goethe, Kant e Marx (tanto per nominarne tre qualunque) i quali avrebbero gettato il fondamentale seme del pensiero libertario, della fondazione dello Stato di Diritto, e della lotta dei lavoratori per la conquista della propria dignità sociale, oggi la Germania può permettersi il lusso di dare una lezione di democrazia agli italiani.Noi non possiamo permetterci lo stesso.Ci divide un ampio spread intellettuale con il resto d’Europa. Questo è il punto.Chi pensa che Angela Merkel sia come Adolf Hitler è un cretino. Chi pensa che l’attuale classe dirigente politica tedesca sia composta da un gruppo di criminali malfattori com’era nel 1934 è un totale deficiente. Chi sostiene che la Germania è consapevolmente responsabile del fatto che nella Repubblica Italiana l’intero governo della regione Lombardia (PD, PDL, Lega Nord e Udc) è indagata per corruzione e che è colpa dei tedeschi se il clientelismo e la corruttela sono (in Italia) moneta sonante di scambio sociale, è in malafede oppure non conosce la triste realtà del nostro paese.Se Marchionne fosse andato a Wolksburg a prendere lezioni di ingegneria industriale marketing e Landini fosse andato a parlare con i suoi omologhi del consiglio di fabbrica dei metalmeccanici della Volkswagen, BMW e Audi, avrebbero imparato davvero molte cose su come va gestita la concertazione tra le parti sociali in una nazione democratica ed evoluta. Se gli operai italiani guadagnano 2,5 volte di meno dei loro compagni tedeschi non è grazie agli italiani, così come non è colpa della Volkswagen se Marchionne non sa vendere le sue automobili. Se la Germania ha un governo regolarmente eletto in maniera democratica, senza brogli, in grado di fare gli interessi della nazione e l’Italia, invece, ha un governo di oligarchi tecnocrati raccomandati in grado di affondare il proprio paese facendo gli interessi economici della Germania, la responsabilità è degli italiani, non dei tedeschi. Se la Germania ha un ministro per lo sviluppo economico che si avvale della consulenza di fior di economisti,  con un curriculum impeccabile, mentre in Italia il suo omologo è indagato per truffa contro lo Stato e identificato come Grande Evasore, e nel suo curriculum vitae ci sono soltanto opache e clandestine transazioni di finanza speculativa bancaria, la responsabilità è degli italiani, non dei tedeschi. Se la Germania ha pubblicamente dichiarato che il cosiddetto “scudo anti-spread” prima di essere varato deve essere approvato dalla loro Corte Costituzionale, essere sottoposto al vaglio del loro Consiglio di Stato, e poi regolarmente discusso in parlamento dove verrà approvato o bocciato a seconda di come i deputati eletti voteranno, dopo una discussione pubblica, mentre in Italia Mario Monti è ritornato in patria dopo una riunione a Bruxelles e ha annunciato “è fatta, ho vinto” senza dare spiegazioni a nessuno su alcunché, e deprimendo ancora di più l’economia nazionale quando è stato smascherato, la responsabilità è degli italiani per come gestiscono l’Italia e dei tedeschi per come gestiscono la Germania.Se, nel 1994, quando il governo tedesco iniziò le private consultazioni con l’Italia relative alla costituzione dell’euro, Romano Prodi e Silvio Berlusconi si fossero comportati come fecero i tedeschi, ovverossia presentarsi in parlamento e avviare un dibattito per spiegare alla nazione di che cosa si trattava, quali erano i pro e i contro, i costi e i benefici, i prezzi da pagare e gli eventuali profitti, allora gli italiani avrebbero avuto la opportunità di comprendere che cosa stesse accadendo, ciò che era necessario fare per il bene della nazione e poi scegliere attraverso referendum, oppure dibattiti politici pubblici, regolari votazioni parlamentari, assemblee cittadine. Invece è stata data agli italiani una secca comunicazione ufficiale di un dato di fatto, presentato come inappellabile ma (ciò che è più grave) ”indiscutibile”.Se, a dicembre del 2010, quando i comandanti francesi e inglesi della Nato si sono presentati a Berlino (e a Roma) flettendo i muscoli, spiegando che bisognava eliminare Gheddafi con una guerra, gli italiani avessero avviato un dibattito parlamentare, fossero state spiegate le motivazioni, si fosse discusso sui reali interessi della nazione, e se fosse giusta o meno quella guerra, forse (dico forse) ci sarebbe stata in parlamento una maggioranza anti-bellica. Come è avvenuto in Germania dove il parlamento definì l’aggressione contro il popolo libico (perché di questo si è trattato) “lesiva della custodia degli interessi nazionali” e si rifiutò di consentire l’uso delle basi militari americane stanziate in Germania, obbligando la Nato a usare quelle in Sicilia e nel Veneto, ben più costose per tutti, soprattutto per l’Italia che, da quel momento in poi (non a caso) ha virato il proprio pil in negativo: la Francia e la Gran Bretagna hanno affondato Finmeccanica e complessivamente la guerra libica ha provocato all’Italia un costo complessivo valutato oggi intorno ai 40 miliardi di euro. E’ anche ciò che stiamo pagando. Se agli italiani che hanno festeggiato l’8 novembre del 1989 per il crollo del muro di Berlino, qualcuno avesse spiegato che, finita la guerra fredda, bisognava cambiare ottica, strategia, modalità marketing d’intervento, le cose sarebbero andate molto diversamente. Invece, quella parte della classe politica e imprenditoriale italiana che aveva preso soldi dalla Cia (approfittando della guerra fredda) e dal Kgb (approfittando della guerra fredda) costruendo clientele ideologiche, decise in blocco consociativo di “stendere un velo pietoso di omertà collettiva”, e così quando nel 1995 la Germania spiegò che il costo di 2000 miliardi di marchi per ricostruire la Germania era per i tedeschi eccessivo e quindi la spesa andava spalmata tra tutta l’Europa che aveva combattuto contro il comunismo, l’Italia invece di approfittare dell’occasione per liberarsi della propria italiota truppa asservita ai servizi segreti stranieri (Washington o Mosca, a scelta) e andare a negoziare con i tedeschi in posizione di forza, ottenendo quindi un cambio lira/euro intorno ai 1.460 invece che 1.960, il nostro disavanzo pubblico sarebbe stato molto minore e la competitività delle nostre merci sarebbe stata molto più alta. Invece, l’Italia accolse con applausi la riconversione dei propri fascisti e dei propri comunisti, non disse nulla al paese, truccò i bilanci dello Stato falsificando le cifre per entrare dentro i parametri richiesti e produsse un FALSO SUICIDA. Nonché consapevole.Che cosa c’entrano i tedeschi? Loro badavano agli interessi della loro nazione riunificata, se gli italiani non sono capaci di badare agli interessi della propria nazione perché privilegiano gli interessi partigiani di clan, caste, gruppi di privilegio, logge, partiti ottusi e provinciali, è responsabilità degli italiani, non è colpa dei tedeschi.Tutto ciò premesso, sono fortemente contrario alla Lex Teutonica, perché ritengo che non faccia gli interessi della nazione italiana. E io sono italiano e alla mia nazione ci tengo. Mi oppongo al rigore teutonico perché distrugge l’industria nazionale, ma l’opposizione la si fa usando argomentazioni democratiche. Come i tedeschi, dal 1946 in poi, ci insegnano. Perché loro hanno elaborato il lutto collettivo per il nazismo e si sono evoluti.Noi no.Serve una mutazione culturale per poter crescere: si accettano lezioni di democrazia.Se noi non siamo in grado di garantire la difesa e la salvaguardia degli interessi collettivi nel nome di un bene comune condiviso, perché mai un qualsivoglia popolo, nazione, etnia,  dovrebbe farlo al posto nostro?Così come la classe politica italiana, quando viene colta in fallo con le mani nel sacco, sostiene che tutto “si è svolto a mia insaputa” , così pretende che la soluzione alla crisi, ai propri problemi strutturali, avvenga “a propria insaputa” grazie a soggetti terzi.Ovvero, che a risolvere i nostri problemi ci pensi la Chiesa, la Cina, gli Usa, l’Unione Europea, gli Ufo. Perché è sempre colpa e responsabilità di qualcun altro.Se l’Italia affonda, la responsabilità è al 100% del popolo italiano.I tedeschi, nel nome dei loro interessi nazionali, hanno approfittato del fatto che l’Italia abbia scelto di non perseguire i mafiosi, i corrotti, i clientelari, scegliendo di promuovere una classe politica, imprenditoriale e professionale composta da autentici imbecilli mitòmani e si è costruita la propria ricchezza sulle nostre debolezze, perversioni, vizi.Gli italiani, sarebbe ora, dovrebbero cominciare a guardarsi allo specchio.Nel 1932 Henry Ford disse la celebre frase “quando vedo passare una Alfa Romeo, io mi tolgo il cappello”.  Questa citazione era scritta sulla vetrina di tutti i concessionari della Alfa Romeo. Ma nel 1985, il presidente dell’Iri, Romano Prodi, delegato dal parlamento a vendere l’azienda, rifiutò la generosa offerta della Ford e la vendette alla Fiat per trenta denari. Da allora, l’Alfa Romeo ha iniziato il suo declino. Da quando l’ha presa Marchionne l’ha praticamente distrutta, sia come marchio che come immagine e come vendite. Il suo principale concorrente europeo, la BMW ha presentato un eccezionale piano industriale perché la vuole; salvaguarda anche i lavoratori.  Spero per noi che riesca ad acquistarla, così almeno il marchio rifiorirà. Finchè non è finita nelle mani della Fiat, quel marchio mi faceva sentire orgoglioso di essere italiano. Oggi rispecchia il fallimento dell’azienda Italia. La colpa non è dei tedeschi.Se l’Italia non ha più una industria cinematografica, non ha più scrittori, registi, pittori, musicisti, intellettuali liberi, artisti internazionalmente riconosciuti, non è colpa dei tedeschi. E’ responsabilità del fatto che il pensiero intellettuale e creativo è inceppato, frustrato, avvilito, compresso, ingessato dall’uso e abuso della clientela partitica che impone a ogni artista, ogni professionista, di pagare il pizzo a un partito per poter essere valorizzato, promosso e poter avere qualche chance di avere accesso al mercato. Non è colpa dei tedeschi. Questo meccanismo avvilisce la creatività e promuove gli imbecilli corrotti. Il mercato dà le sue risposte.Quindi, alla Gelmini va detto “la totale mancanza di democrazia di mercato ha distrutto l’Italia spingendola nel medioevo oscurantista” di cui lei –immeritevole e somara- ne è un gagliardo esponente e rappresentante. Il contrario di ciò che lei sostiene.All’on. Boccia del PD, c’è da rispondere “da una nazione che ha degli ammortizzatori sociali equi a salvaguardia dei ceti più disagiati, socialmente sostenibili, che pratica lo Stato di Diritto, che promuove i meritevoli e boccia i somari, e che ha un governo eletto dal popolo, c’è molto da imparare”. Dai burocrati raccomandati come lui non c’è da imparare nulla.Gli italiani sono assatanati nel produrre Falso e inventare Demagogia.E’ necessario, quindi, ogni tanto, fare, inevitabilmente, l’avvocato del diavolo.Se l’Italia è “psichicamente” in svendita, non ci si può lamentare se ci sono acquirenti.