venerdì 16 giugno 2017

M5s, Marco Travaglio e gli Smooth Collies. - Rosanna Spadini



Mentre i giornalai di regime, guardiani e ballerine del sistema si stanno affannando sui vari network per  dimostrare che il M5S è sull’orlo di una voragine suicida, vorrei valermi di un interessante articolo di Claudio Messora, che conduce un confronto ben documentato sui dati delle ultime amministrative rispetto a quelle precedenti del 2012, nella giusta convinzione che l’unico confronto ammissibile lo si possa fare solo tra categorie affini, quindi comunali con comunali, regionali con regionali,  politiche con politiche e via di seguito.
Le elezioni politiche nazionali sono davvero tutt’altra cosa e qualunque confronto sembra essere un pastrocchio senza né capo né coda. Sarebbe sbagliato procedere con confronti diversificati, per impostare una qualunque analisi predittiva sulle future elezioni politiche e quindi sul successo più o meno prevedibile  delle rispettive rappresentanze.
Le elezioni comunali sono sicuramente designazioni diverse rispetto alle politiche, perché investono un vissuto più diretto, legami di conoscenza ed amicizia,  da cui è difficile sganciarsi completamente. Per di più succede che in tempi grami come questi, le forze politiche mainstream, responsabili di tutti i guasti del Paese, si siano presentate dietro le foglie di fico delle liste civiche e sparite completamente dalla cartellonistica elettorale, si siano camuffate dietro le facce sorridenti dei politici locali, per oscurare i disastri sociali prodotti dalle loro scelte scriteriate e asservite ai poteri forti.
Vere e proprie ammucchiate che celano i complessi rapporti di forza e di potere, esistenti fuori dai palcoscenici mediatici. Così i volti cambiano, ma il sistema resta sempre uguale, ed è abilissimo nell’arte dell’illusione ottica ad libitum, per cui gli onesti ma distratti cittadini, credono di votare una precisa persona e invece votano un ben preciso sistema di potere. Norma consueta e abbastanza comprensibile, finché non si finisce di votare un inquisito, come a Trapani dove col 32% è Girolamo Fazio, ex berlusconiano, ai domiciliari per tangenti.
Delle 1004 amministrazioni comunali quasi 850 saranno guidate da liste civiche, ma gratta gratta, almeno un terzo di quelle liste sono maschere veneziane dietro le quali si nascondono i principali partiti italiani, tra nomi originali e coalizioni immaginose. Questo è il sistema neoliberista, che permette la candidatura di indagati e che si serve di politici ricattabili, proprio per drenare finanze pubbliche a vantaggio del privato.
Quindi le falsificazioni mediatiche predittive servono appunto a gettare fumo negli occhi dei poveri spettatori ingenui, che si fidano ciecamente di tutte le fake news presenti sui monitor tv, che invece distribuiscono una lettura dei dati completamente manipolata.
E allora vediamoli, questi dati. Come dice Messora, che si limita a considerare solo i 25 comuni presi in considerazione anche dal Corriere della Sera nel suo riassunto generale, che pure non ha esitato a scrivere di un M5S sconfitto, mentre altrove sui media si è parlato a cuor leggero di débâcle, di “Movimento che si sgonfia” e così via.
“Innanzitutto balza all’occhio che a Genova, rispetto alla tornata del 2012, il M5S ha guadagnato 4 punti percentuali, mentre il PD ne ha persi 4. E questo nonostante il 4,87 del fuoriuscito Paolo Putti e l’1,08 di Marika Cassimatis che, insieme, si può ben ritenere abbiano portato via un buon 6% dai risultati dei Cinque Stelle, che senza tutti i mal di pancia avrebbero avuto dunque un potenziale di crescita del 10%, e non solo del 4%, che comunque rappresenta pur sempre una crescita, in una situazione di oggettiva difficoltà. I giornali avrebbero dovuto titolare dunque M5S tiene a Genova, nonostante le divisioni, invece di inventarsi che Grillo aveva perso Genova, quando non l’aveva mai avuta.”
A Palermo, altra città portata ad esempio come catastrofe generale, in realtà il Movimento 5 Stelle aumenta i propri consensi del 12%, e comunque 5 consiglieri entrano in consiglio, mentre il Pd si è dovuto sciogliere in un’altra formazione che complessivamente ha preso l’8,41%, dunque singolarmente ha sicuramente preso ancora meno! A Trapani realizza un più 16,75% secco, visto che alla tornata precedente manco si era presentato. Anche a Taranto va oltre il 10% di crescita. E poi via via, Oristano, Asti, Catanzaro, Frosinone… La realtà è che quello che i numeri dicono è che in 20 grandi comuni su 25 M5S ha fatto o strepitosamente meglio, o molto meglio, o comunque sempre meglio del PDEppure nessuno parla del disastro del Partito Democratico, che in molti dei grandi comuni subisce emorragie di voti del 10% e oltre, fino all’11,45% di Padova e all’11,90% di La Spezia.”
Questo è l’elenco dei fallimenti del Pd:
Taranto: 16% nel 2012 – 11,8% oggi (persi 4800 voti)
Lecce: 10,6% nel 2012 – 8,5% oggi (persi persi 1300 voti)
Asti: 18,8% nel 2012 – 9,6% oggi (persi 2900 voti)
Padova: 24,9% nel 2014 – 13,5% oggi (persi 14000 voti)
Lodi: 23,2% nel 2013 – 15,9% oggi (persi 1200 voti)
Piacenza: 26,6% nel 2012 – 18,5% oggi (persi 3600 voti)
Genova: 23,9% nel 2012 – 19,8% oggi (persi 8000 voti)
Pistoia: 33,7% nel 2012 – 23,2% oggi (persi 3800 voti)
Carrara: 27,2% nel 2012 – 13,6% oggi (persi 4300 voti)
Parma: 25,1% nel 2012 – 14,8% oggi (persi 7000 voti)
La Spezia: 27,2% nel 2012 – 15,3% oggi (persi 4300 voti)
Gorizia: 17,1% nel 2012 – 8,7% oggi (persi 1400 voti)
Belluno: 18,6% nel 2012 – 10,2% oggi (persi 1300 voti)
 
Quindi in tutte le città dove il M5S perde consensi (9 su 25) li perde anche il PD, tranne Cuneo e Monza, dove il differenziale del PD rispetto al M5S, nel confronto con il 2012, sale al 12,68% e al 7,50%. Poi c’è Parma, l’unica grande débâcle del Movimento 5 Stelle in senso assoluto, anche se largamente annunciata: il M5S perde il 16,72% dei consensi ma anche il PD ne perde il 10,32%. In tutte le altre città (tutte) il Movimento 5 Stelle cresce, e solo in due delle venti città rimanenti cresce leggermente meno del PD, mentre nelle altre lo distrugge in senso letterale, arrivando a differenziali di oltre il 16%.
Nonostante queste premesse statistiche però la cose non sono state per nulla pacifiche, e il vero problema che emerge è che a fronte di un consenso del 31% e oltre a livello nazionale, il Movimento non sia riuscito molto spesso a presentare una lista, per litigi interni tra i vari meet up, oppure anche per la scelta di candidati sbagliati. Ma parlare di “scelta” può essere un eufemismo, la verità è un’altra, le candidature nascono spontaneamente dal territorio, che quasi sempre è percorso da attriti anche piuttosto contrastanti, che minano alla radice non solo rapporti interpersonali decenti, ma impediscono di attivare strategie efficaci e produttive.
Solo successivamente la certificazione da parte dello staff decreta la proposta alla candidatura, e magari può anche sbagliare soggetto, per la scelta di un candidato che non rappresenta onestamente i valori del MoV, oppure non riesce ad interpretare veramente la sua base elettorale, che nelle amministrative si riduce ulteriormente, per consensi empatici politici puramente locali. Quindi le cause che possono condizionare negativamente gli esiti elettorali delle comunali sono tante e diverse:
  1. Candidatura sbagliata
  2. Mancato radicamento nel territorio
  3. Mancanza di rapporti costanti con associazioni di categoria
  4. Mancanza di una base di attivisti
  5. Mancanza di finanziamenti
  6. Capacità da parte del gruppo di interpretare le istanze della città
  7. Capacità di creare eventi che possano colpire nel vivo i bisogni sociali
  8. Capacità di condurre una campagna elettorale efficace
  9. Sostegno da parte dei media
  10. Limite delle due candidature
Forse è particolarmente difficile attivare un efficace radicamento sul territorio, però sembra che il M5S non sia particolarmente interessato a costruirlo in maniera consistente. Probabile non riesca ad organizzarsi in questo senso, forse perché questo presuppone un attivismo ben pianificato e la trasformazione da movimento a partito. Le certificazioni alle candidature arrivano troppo tardi (due mesi prima circa) rispetto all’evento elettorale. Fatto sta che il MoV sembra rifuggire dal radicamento sul territorio, quasi volesse preservare la propria duttilità organizzativa, l’egemonia del web e della piazza sulle tv, la concezione nuova di una politica concepita come servizio al cittadino, l’interscambio dei soggetti politici intesi come portavoce del programma.
Presupposti che hanno fatto certamente la differenza tra il MoV e i partiti della casta, ma che comunque ora arrivano a confliggere con le esigenze dell’attuale spettacolarizzazione della politica e della personalizzazione del premierato, ma soprattutto con il prossimo obiettivo strategico della conquista del governo nazionale.
Il concetto slogan di  “uno vale uno” si trova ora smentito dall’esigenza di una struttura più organizzata, che possa privilegiare e preservare nel tempo qualità e competenze dei singoli soggetti, in modo da poter costituire una gerarchia di controllo sulle strategie  politiche territoriali.
E poi «Serve una riflessione nel M5s, anche sul doppio mandato» dice Massimo Bugani, capogruppo del M5s a Bologna «I casi di Roma e Torino sono particolari e ci hanno molto illusi, ma la verità è che il Movimento localmente è spesso tagliato fuori se destra e sinistra non si dividono. Ora dobbiamo fare una riflessione. E visto che si avvicinano le elezioni politiche dobbiamo riflettere sulla regola del doppio mandato. Un vincolo che ha fatto da freno a molti. C’è chi non si è ricandidato, ad esempio è successo a Mira con il sindaco uscente Alvise Maniero. E’ rimasto fuori da queste amministrative per giocarsi una chance in parlamento”.
Per di più la macchina del fango ha fatto credere agli italiani che Roma è malgovernata, ha ordito un vero e proprio linciaggio mediatico contro Virginia Raggi per lunghi mesi, e la disinformazione pilotata domina ancora oggi l’informazione. Il Vespone brufoloso di Porta a Porta ha mostrato un’immagine di Roma invasa dai rifiuti, peccato non fosse recente, ma risalisse al 2014, periodo della giunta Marino.
E infine anche il grande Travaglio, onnipresente sulle tv e sui vari talk show, ospite fisso di madame Bilderberg a Otto e mezzo, si affanna a rimarcare che i 5 Stelle si starebbero suicidando, avrebbero risuscitato il ripugnante bipolarismo centrodestra-centrosinistra, con particolare riguardo per il duo Berlusconi – Salvini.
E poi fa un panegirico del sindaco di Parma Pizzarotti, dicendo testuali parole che «Non ruba, governa benino, fa quel che può e annuncia solo quel poco che fa, sottovoce. È anche un gran rompicoglioni, refrattario agli ordini di scuderia. Tenerselo stretto e coprirlo di attenzioni, oltre a levargli ogni alibi per la fuga, sarebbe la migliore smentita ai detrattori che dipingono il Movimento come una caserma agli ordini di Grillo & Casaleggio».
Forse al grande Travaglio è sfuggito qualche particolare sulla vicenda di Parma, quisquiglie molto significative, che non è il caso di riproporre, visto che le ho ripetute diverse volte, così come trascura il problema euro ed Europa, sta di fatto che sempre più spesso sta prendendo lucciole per lanterne, e scambia un politico perfettamente integrato nel  sistema, con un innocente e innocuo buon amministratore (del potere).
Non si è nemmeno  accorto che i fallimenti del Pd sono la notizia più evidente di queste elezioni amministrative, taciuta però costantemente anche da quasi tutti i media. Il partito di Matteo Renzi ha perso in tutta Italia. Lo dicono i numeri, quei numeri che i giornalai al servizio del potere usano ad libitum.
Forse i soci industriali del Fatto (Chiarelettere, il gruppo Gems, Francesco Aliberti e l’imprenditore Luca D’Aprile) non lo consentono?
O forse è proprio Cinzia Monteverdi che ha troppe pretese, la manager azionista che è amministratore delegato e presidente anche della Zerostudio’s, la società di Michele Santoro che produce Servizio Pubblico in cui Il Fatto Quotidiano ha investito.
La regia della nuova situazione dunque è affidata a Monteverdi che, pur senza aver mai diretto alcuna società vagamente paragonabile a Il Fatto Quotidiano (una trentina di milioni di fatturato) è il terminale di tutti i nuovi equilibri societari. Del resto basta osservare le frequentazioni della signora e tutto appare chiaro … insomma un nome una garanzia, anzi una foto una garanzia.
Dunque come ribaltare la dittatura politico mediatica dominante in Italia, se anche coloro che dovrebbero fare da Rottweiler in realtà si sono trasformati in placidi Smooth Collies?

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