martedì 13 marzo 2012

Frequenze tv, spunta l'asta low cost. A vantaggio di... - di Luca Landò

antenne tv digitale 640

Dai regali ai saldi. È questa l’ipotesi che circola da qualche giorno a proposito del rebus frequenze e che potrebbe finire con la più celebre delle arti politiche: il compromesso. La soluzione, stando a voci sempre più insistenti, sarebbe sì la vendita di quel bene pubblico chiamato etere, ma una vendita a prezzi scontati. E, tanto per non sbagliare, una vendita a tutto vantaggio di Mediaset, Rai e probabilmente Ti Media, cioé La7. 

La svendita, perché di questo si tratta, sarebbe un passo avanti dal punto di vista dei principi, ma un passo indietro per le casse dello Stato. Secondo una nota di Mediobanca, infatti, la messa all’asta di quelle autostrade digitali potrebbe portare 1-1,5 miliardi di euro: quanto porterà la vendita scontata? E soprattutto, perché rinunciare a un’asta pubblica condotta a prezzi di mercato? 

Il sospetto, per non dire la certezza, sono le forti pressioni esercitate da Mediaset dopo la decisione di sospendere l’assegnazione gratuita delle frequenze. Come è noto, lo scorso 20 gennaio il governo congelò per tre mesi un decreto dell’ex ministro Romani secondo il quale le frequenze liberate nel passaggio dall'analogico al digitale (sei per un totale di 30-36 canali) non sarebbero state vendute a chi offriva di più (come avvenuto in Francia, Canada e Germania) ma regalate a chi aveva più risorse e più dipendenti. Non un’asta pubblica, insomma, ma una gara di bellezza tagliata su misura per due soli concorrenti: Rai e Mediaset. 

Che l’esito fosse noto, lo dimostrano alcune dichiarazioni che vale la pena ricordare. Lo scorso 8 dicembre, prima che il "beauty contest" venisse congelato, Berlusconi parlando con i giornalisti disse: «Temo che qualora ci fosse una gara sulle frequenze, questa potrebbe essere veramente disertata da molti», dichiarazione curiosa per chi da uomo di Stato si piccava di essere sempre molto attento ai conti pubblici. Il 22 gennaio il "Giornale" del fratello Paolo scriveva che, in caso di asta pubblica, Mediaset avrebbe meditato il ritiro dalla gara, confermando così tre cose: la prima che il decreto era stato ideato per fare un regalo "ad aziendas" (Mediaset e Rai); la seconda, che venendo meno il regalo veniva meno l’affare; la terza, più inquietante, che il decreto Romani, ministro dell’allora governo Berlusconi, favoriva di fatto un’azienda del premier Berlusconi. Un caso? 

Ancora. Il 7 marzo, davanti alla commissione Bilancio della Camera e dopo aver incontrato personalmente Monti, il presidente Mediaset Fedele Confalonieri ha detto che se non ci sarà una ripresa del settore (leggi pubblicità) la sua azienda ricorrerà a tagli. Affermazione drammatica da prendere con tutta la serietà del caso. Ma una domanda è d’obbligo: come impatta sulla raccolta pubblicitaria di Mediaset il venir meno di una frequenza (sei canali, lo ricordiamo) che sembrava ormai assegnata? È di questo che il presidente di Mediaset ha parlato con il presidente del Consiglio nell’incontro riservato del mattino? 

VIGILARE, VIGILARE... 
A pensare male ci si azzecca sempre, diceva Andreotti. E dopo il tavolo su Rai e giustizia fatto saltare da Alfano e la retromarcia dell’esecutivo sulla "governance", i cattivi pensieri stanno proliferando. Bene ha fatto ieri Bersani a ribadire che «le frequenze tv non possono essere regalate» ma bisogna vigilare che la soluzione a cui sta lavorando il ministro delle Comunicazioni (la sospensione del "beauty contest "scade il 20 aprile) non stia nel chiamare vendita quello che è un mezzo regalo. Voci non confermate dicono che l’ipotesi di un’asta low-cost sarebbe giustificata dal fatto che le frequenze verranno assegnate solo fino al 2015 quando, come stabilito il mese scorso a Ginevra, dovranno venire impiegate per aumentare la banda larga della Ue. Argomento suggestivo ma poco convincente, ha detto ieri Vincenzo Vita che dal 2009 si batte per un’asta pubblica e trasparente. In un Paese dominato dalle tv e dal conflitto di interessi, siamo sicuri che fra tre anni le grandi reti saranno pronte a rimettere in discussione frequenze e business? 




http://www.unita.it/italia/frequenze-tv-spunta-br-l-asta-low-cost-a-vantggio-di-1.390945 

Il mitico Vauro


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STUDENTESSE ITALIANE SQUILLO NEL NIGHT. ROMA, TRA I CLIENTI POLITICI E VIP. - di Angela Camuso




ROMA - Arrestato per associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione il vicequestore Antonio Masala, funzionario della Polfer a Roma Termini. E’ stato ammanettato dai suoi colleghi della Squadra mobile insieme a un ex militante dei Nar (Flavio Serpieri) nonché a un famoso regista di film a luci rosse, Franco Lo Cascio (vincitore in passato dell’Oscar del porno).
I tre, secondo il gip Antonella Capri, che su richiesta del pm Calabretta ha ordinato l’arresto di 10 persone, lucravano sui guadagni di splendide ragazze, straniere e italiane (molte delle quali studentesse) che si prostituivano nelle sale privè di un night club, il Pussycat, che si trova all’interno di un centro commerciale a Pietralata, in piazza delle Crociate.
Così, mentre all’esterno del locale - ufficialmente un’associazione culturale - c’era il via vai di famigliole con le buste della spesa, al Pussycat si intrecciavano freneticamente gli incontri bollenti: tant’è che in un anno avrebbero lavorato nel night circa 400 ragazze.
Le più belle guadagnavano fino a 20mila euro al mese e le prestazioni avevano un prezzo in base al tempo: 75 euro ogni quarto d’ora di sesso, con un bonus gratuito per chi organizzava nottate piccanti con gli amici. Alle ragazze venivano consegnate ogni volta delle fiches colorate, che poi venivano cambiate in denaro a fine serata. Metà dei guadagni andava alle ragazze e l’altra metà ai gestori del night. La macchina da soldi si è inceppata a seguito di una denuncia di una squillo. Dopo una serata di prova, infatti, soltanto alle più avvenenti veniva concesso di lavorare al Pussycat. E le ragazze scartate venivano affidate a due romeni, al momento ricercati, per la sola prostituzione in strada. Dalle indagini, scattate a maggio, è emerso che il poliziotto Masala, ora ai domiciliari, prendeva una percentuale sugli incassi delle ragazze. Il funzionario, separato dalla moglie e anche lei poliziotta, era già incappato in guai giudiziari quando prestava servizio presso un commissariato della Capitale. Era stato così deciso un suo allontanamento da Roma, tant’è che per un periodo Masala aveva fatto il funzionario a Genzano.
Da poco era stato trasferito a Termini in qualità di responsabile degli uffici amministrativi che gestiscono la mensa, la cassa, la contabilità e gli archivi. (ass)

RAGAZZE ITALIANE E STRANIERE. Studentesse italiane e ragazze straniere che si prostituivano, anche di giorno, in un locale all'interno di un centro commerciale a Roma. E all'esterno famiglie inconsapevoli di tutto, che giravano con le buste della spesa. Era ufficialmente una associazione culturale, ma i clienti la chiamavano Pussycat: il locale dove centinaia di giovani squillo si offrivano a clienti facoltosi.
Tra i 'gestori' un vice questore della polizia ferroviaria, un regista di film porno ed un ex militante dei Nar. La squadra mobile ha arrestato sinora 10 persone, accusate a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione, mentre altre otto sono per ora solo indagate. Tra le persone finite in manette ci sono anche un vice questore della Polfer e un ex militante dei Nar, Flavio Serpieri, vice presidente dell' associazione culturale 'Le pecore nere', dietro la quale si nascondeva in realtà il locale di squillo.
Negli 'affari' era coinvolto anche un regista di film hard, Franco Lo Cascio, in passato vincitore dell'oscar del porno. Il giro di prostituzione avveniva nelle sale privè del locale, all'interno del centro commerciale, in piazza delle Crociate, nel quartiere Pietralata.
Le ragazze, tutte donne avvenenti, arrivavano a guadagnare fino a 20 mila euro al mese. Ognuna di loro aveva dei gettoni di diverso colore con i quali calcolare l'incasso a fine giornata, in base al tempo trascorso con i clienti: 75 euro ogni quarto d'ora di sesso. E chi organizzava serate piccanti con gli amici, aveva diritto a un 'bonus' gratuito. Alle squillo, circa 400 giovani reclutate ogni anno e fino ai 30 anni, tra cui brasiliane, slave, romene e italiane, veniva garantito un alloggio attraverso alcuni affittacamere. Le più 'scarse' durante le prestazioni erano invece destinate alla strada.
L'indagine, cominciata nel maggio scorso, è partita dalla denuncia di una ragazza italiana, che dopo un anno di sfruttamento aveva deciso di ribellarsi e di raccontare tutto agli agenti. Il locale, ora sotto sequestro dalla Polizia di Stato, di giorno era apparentemente insospettabile e l'ingresso veniva garantito attraverso i soci dell'associazione, che puntualmente presentavano i propri amici, tra cui imprenditori e professionisti di alto profilo, che diventavano clienti del 'Pussycat'.

POLITICI E VIP TRA I CLIENTI C'erano anche politici e personaggi noti tra i clienti del night Pussycat, posto sotto sequestro al termine di un'indagine della Squadra mobile che ha portato all'arresto di dieci persone tra cui l'ex Nar Flavio Serpieri. Secondo quanto si è appreso, peró, nelle carte non sarebbero citati i nomi dei clienti del locale, né sarebbero rientrati nell'attivitá di indagine (perché non sono ravvisabili estremi di reato). Tra i facoltosi frequentatori del locale anche alcuni giornalisti.