sabato 11 luglio 2015

Napolitano junior, il principe ereditario. - Alessandro Da Rold e Marco Fattorini

Giulio Napolitano

Professore universitario dalle amicizie importanti: è lui il Gianni Letta della Terza Repubblica?

Giulio Napolitano, figlio di Clio e del presidente Giorgio, vanta già numerosi soprannomi sebbene abbia appena 44 anni. Ne compirà 45 a luglio, ma nei palazzi romani c’è già chi lo definisce il “principe ereditario dell’aristocrazia comunista” o anche il “Gianni Letta della rottamazione”, nel senso che appare già come il candidato naturale per quel lavoro di tessitura economico-politica bipartisan, appaltato nella prima e nella seconda Repubblica all’ex direttore del Tempo. Nella Terza Repubblica targata Matteo Renzi e Enrico Letta s’inserisce Giulio insieme con il fraterno amico e avvocato Andrea Zoppini, titolare dell’omonimo studio legale tra i più importanti di Roma, attivi entrambi in questa fase così confusa per la Repubblica Italiana, tra cambi di governo in corsa e una partita sulle nomine nelle aziende pubbliche, da Eni a Finmeccanica, che toglie il sonno a tanti boiardi di Stato. Del resto il giovane Napolitano conosce bene la pubblica amministrazione e sa muoversi nel regno dell’apparato statale con grande disinvoltura. 
Insegna diritto amministrativo all’Università Roma Tre, ateneo pubblico dai maligni anche definito “l’università dei Ds”. L’appellativo deriva da un incrocio di circostanze più o meno casuali che fanno dei palazzi lungo l’Ostiense una sorta di Quirinale bis. Da queste parti non è mai stato dimenticato il rettore Guido Fabiani, vero e proprio simbolo dell’ateneo capitolino. In carica per quattro mandati - celebre ancora oggi il voto in senato accademico con cui modificò lo statuto che ne consentiva al massimo due - ha lasciato nel 2013 dopo essere stato nominato assessore alle Attività Produttive e allo Sviluppo Economico della giunta regionale del Lazio di Nicola Zingaretti. Fabiani è sposato con Talia Binotti, sorella di Clio Napolitano, quindi cognato del Capo dello Stato. La figlia Anna Fabiani, cugina di Giulio, insegna Scienze Biologiche sempre a Roma Tre, mentre suo marito Alberto Tenderini è responsabile delle iniziative sportive nella stessa Università. A questo si aggiunga una nota di colore: nel medesimo ateneo si è mossa Clara Fraticelli, oggi avvocato e ieri dottoranda di ricerca in diritto amministrativo nota alle cronache del gossip per una storia d’amore proprio con Napo Junior.
Clio
Generazione quarant'anni, quindi, ma il curriculum di Giulio è tutt’altro che timido: un dottorato alla scuola Sant’Anna di Pisa, un contratto di ricerca alla Sapienza e poi il posto da professore associato all’Università della Tuscia. Nel mezzo una decina di volumi pubblicati per Il Mulino, paper, riviste scientifiche, commissioni di studio e consulenze per i ministeri. Gli vengono riconosciute «eccellenti competenze giuridiche», si muove tra regolazione di servizi pubblici, semplificazione amministrativa, enti sportivi e autorità indipendenti. Nel 2007 Roberto Tomei, dirigente Istat che aveva partecipato al concorso di professore associato in Molise con Napolitano, si rivolse al Tar perché sosteneva che la commissione esaminatrice avesse sopravvalutato i titoli presentati dal figlio del presidente della Repubblica. Il Consiglio di Stato gli diede ragione, ma non ci fu nulla da fare. «Mi arrendo a Napolitano junior» disse in un’intervista a Italia Oggi. Del resto sono in tanti, tra uomini e donne, a essersi arresi al secondogenito dell’ex dirigente del Pci.
Oltre al lavoro però ci sono le passioni, in primis quella per il calcio. La fede laziale di Giulio ha scandito la quotidianità del padre Giorgio. Anni Ottanta: si racconta che al termine di una delicatissima riunione del Pci Napolitano confessò di dover scappare a casa per consolare il figlio amareggiato dalle delusioni della squadra biancoceleste. Crescendo, la professione di fede non viene meno e Giulio continua a seguire la Lazio anche allo stadio Olimpico dove peraltro fu paparazzato al fianco dell’ex fidanzata Marianna Madia. L’attuale ministro per la Pubblica Amministrazione e la semplificazione prova a far chiarezza: «Con lui cominciai una storia sentimentale quando suo padre Giorgio era ancora solo un ex e illustre dirigente del Pci, poi sono stata a cena al Colle una sola volta». 
madia
Donne a parte, la passione di Giulio per lo sport si è trasformata in lavoro: in questi mesi il presidente del Coni Giovanni Malagò gli ha affidato la riscrittura della riforma della giustizia sportiva. Nel 2012 è stato nominato commissario ad acta della Federcalcio da Giancarlo Abete. «Si è messo subito al lavoro - faceva sapere l’ufficio stampa - per procedere all'adeguamento dello statuto federale». In un momento di tensione per il palazzo del calcio il compito era quello di sbrogliare la matassa della ripartizione dei seggi al Consiglio Federale. Il commissario Napolitano ha dovuto «individuare nell'ambito delle proprie competenze i nuovi pesi ponderati e i livelli di rappresentanza all'interno del consiglio». Andando a ritroso si arriva nel 2006, quando Giulio ha preso parte alla Commissione per la riforma della disciplina delle società sportive, mentre un anno prima era membro della Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport che ha condannato il campione della terra rossa Adriano Panatta per una vicenda legata a sponsorizzazioni con la Federazione Italiana Tennis. Esperienza, quella della Camera di conciliazione, portata avanti con il «gemello» Andrea Zoppini, che all’epoca vestiva i panni di avvocato della Fit.
Zoppini ha lo studio legale attualmente più forte sulla piazza romana. Il suo studio è stato consulente di Poste Italiane nell’aumento di capitale di Alitalia. In passato ha avuto a che fare anche con Ferrovie dello Stato, già sottosegretario alla Giustizia del governo Monti fu costretto alle dimissioni perché indagato per frode fiscale in un’inchiesta poi archiviata dalla procura di Verbania. Aziende statali sembra essere la parola d’ordine per la coppia Zoppini-Napolitano. Nel caso di Giulio oltre all’università c’è stato spazio per incarichi come quello alla presidenza dell’Organo di Vigilanza in Telecom Italia. I maligni sussurrano che negli ultimi mesi l’attivismo del secondogenito dei Napolitano sia mal digerito dallo stesso Renzi. Già molto calda, la situazione diventerà rovente a metà aprile quando ci sarà la lista dei nomi per le 600 poltrone nelle grandi aziende statali dove un tempo decideva Letta, spesso in combinata con il faccendiere Luigi Bisignani.
Luigi Bisignani

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E Giulio, proprio come Gianni Letta, è figlio, non per sua colpa, della Roma intarsiata di salotti, amicizie facoltose, teatri e tennis club. Perfettamente inserito negli ambienti giusti sin dagli anni dell’adolescenza (gli studi classici al liceo Visconti) Giulio non disdegna la Toscana. È questo il refugium peccatorum di borghesia illuminata e classe dirigente pariolina che ciclicamente apparecchia il proprio esodo dal Grande Raccordo Anulare per atterrare in zona Argentario. A Capalbio, avamposto dei salotti estivi che contano, Napolitano Junior è stato avvistato per momenti di relax e vacanza. Nella stessa cittadina era solito frequentare la casa dell’editore Angelo Rizzoli, elegante cenacolo bipartisan dove il rampollo Napolitano ha incrociato anche Renata Polverini e Fabrizio Cicchitto. Nella vicina Ansedonia, siamo sempre in provincia di Grosseto, si è concesso passeggiate in riva al mare con Sabino Cassese, il giudice costituzionale di cui Giulio è stato allievo curandone anche il Dizionario di diritto pubblico edito da Giuffrè. 
Con un papà di tale stazza politica tenersi fuori dall’agone è impresa ardua, forse impossibile. Nello scorso aprile, durante le votazioni in Parlamento per l’elezione del nuovo capo dello Stato spuntò anche un voto per Giulio, «che però non ha i requisiti poiché non raggiunge i 50 anni di età». Scherzo beffardo, per molti un antipasto della riconferma al trono di papà Giorgio, il Re. Ma Giulio non ha fatto mancare il suo contributo personale, anzitutto da militante. Chi lo conosce bene non esita a definirlo «un riformista di sinistra» e i più puntigliosi ricordano quella volta che al congresso dei Democratici di Sinistra votò per la mozione Morando. In una conversazione con Claudio Cerasa de Il Foglio, Giulio Napolitano spiega la politica vista dalla plancia dei quarantenni: «Siamo figli dell’età post ossessioni ideologiche, un’età in cui la cultura della conciliazione, grazie anche alla nascita dell’Unione Europea, ci ha aiutato a seguire un percorso autonomo, molti di noi sono maturati all’interno di esperienze aggregative diverse dalle sezioni e dai circoli di partito. Chi è nato nei nostri anni il collante politico-culturale se l’è dovuto costruire e chissà, magari la partecipazione a centri di ricerca, uffici studi, fino ai famigerati think tank nasce proprio da qui».
Letta
Non è un caso che le consuetudini politiche del giovane Napolitano lo vedano frequentatore di alcuni tra i think tank più blasonati della cosa pubblica nostrana come Astrid, fondazione “per l’analisi, gli studi e le ricerche sulla riforma delle istituzioni democratiche e sull'innovazione nelle amministrazioni pubbliche”, presieduta da Giuliano Amato e Franco Bassanini. Ma Giulio ha scritto anche per la creatura dalemiana Italianieuropei, passando pure dal centro studi Arel di Nino Andreatta e dal cenacolo di Vedrò, feudo di Enrico Letta. All’ex premier, con cui condivide l’anno di nascita 1969, lo lega un’amicizia cementificata dai trascorsi professionali: Giulio è stato suo braccio destro e consulente giuridico quando Enrico sedeva alla poltrona di sottosegretario alla presidenza del Consiglio durante il governo Prodi, ma gli insider aggiungono un altro dettaglio: «Da anni Letta si avvale della collaborazione di Giulio in qualità di ghost writer». Letta ha fatto la sua parte firmando l’introduzione del libro di Napo Junior “Le autorità al tempo della crisi”, saggio poi presentato in pubblico, tra gli altri, da Ferruccio De Bortoli, Antonio Catricalà e Giulio Tremonti.
Al papà, Re Giorgio, viene rimproverato l’eccessivo interventismo sui governi, per questo s’è beccato la corona mediatica del monarca. E a lui, il figlio, ultimamente è stata addebitata qualche ingerenza di troppo a margine delle consultazioni per la formazione della squadra di governo. A metà febbraio è Paolo Granzotto su Il Giornale a incorniciare il chiacchiericcio di palazzo riferendo che Giulio avrebbe partecipato a un summit del premier incaricato con Giorgio Napolitano. «Assolutamente falso», replica con una nota il direttore dell’ufficio stampa del Quirinale Maurizio Caprara, che sente il bisogno di precisare: «Mai è stato presente alcun familiare ai colloqui istituzionali del presidente Napolitano». Eppure nei palazzi si continua a mormorare.

Napolitano? “De Gennaro e Letta ce l’hanno per le palle, sanno di Giulio.” - Vincenzo Iurillo e Marco Lillo





L'intercettazione del febbraio 2014 fra Dario Nardella, vice di Renzi quando il premier era sindaco di Firenze, e Michele Adinolfi, oggi comandante in seconda della guardia di Finanza, evoca ombre su attività e "conflitti d'interesse" di Giulio Napolitano, figlio dell'allora presidente della Repubblica. "Sanno qualcosa di lui". Al centro la nomina a sorpresa del generale Saverio Capolupo, anziché di Adinolfi, al vertice della Gdf da parte del governo Letta.


Il 5 febbraio 2014, quando già la staffetta era matura, alla Taverna Flavia di Roma pranzano in quattro: il vicesindaco (poi sindaco) di Firenze Dario Nardella, il generale della Guardia di Finanza allora a capo di Toscana ed Emilia-Romagna Michele Adinolfi, oggi comandante in seconda della Gdf, il presidente dei medici sportivi Maurizio Casasco e l’ex capo di gabinetto del ministro Tremonti nonché presidente di Invimit, società di gestione del risparmio che amministra immobili pubblici ed è di proprietà del ministero dell’Economia, Vincenzo Fortunato.
I carabinieri del Noe guidati dal colonnello Sergio De Caprio intercettano il colloquio con una cimice sotto il tavolo. Due le partite: la nomina a sorpresa del generale Saverio Capolupo, anziché di Adinolfi, al vertice della Finanza da parte del morituro governo Letta. E la staffetta tra questi e Renzi, amico dei commensali. In questo contesto l’attuale numero due della Guardia di Finanza dice che il figlio di Napolitano Giulio oggi a Roma è potente, è tutto”. Poi sembra dire che il capo dello Stato sarebbe ricattabile perché “l’ex capo della polizia Gianni De Gennaro e (Enrico, ndr) Letta ce l’hanno per le palle, pur sapendo qualche cosa di Giulio”. Nardella non fa una piega, anzi.
Scrive il Noe: “Nardella dice che la strada è più semplice. Bisogna fare la legge elettorale e andare alle elezioni anticipate”. Poi dice che Letta gli sembra “andreottiano” e “attaccato alla seggiola”. E allude malizioso: “A meno che non ci sia anche da coprire una serie di cose, come uno nomina sei mesi prima il comandante, perché… a me è venuta la Santanchè pensa, che dice tanto tutti sanno qual è la considerazione di Giulio Napolitano. Prima o poi uscirà fuori”. Insomma, il segreto non sarebbe più tale. “Se lo sa la Santanchè, vabbè ragazzi”.
Adinolfi resta sul tema: “Giulio oggi a Roma è tutto o comunque è molto. Giusto? Tutto, tutto… e sembra che… l’ex capo della Polizia … Gianni De Gennaro e Letta ce l’hanno per le palle, pur sapendo qualche cosa di Giulio”. Nardella commenta criptico: “A quello si aggiunge, quello è il colore…”, seguono parole incomprensibili. Fortunato pensa al potere del figlio del presidente: “Comunque lui è un uomo, c’ha studi professionali, interessi. Comunque tutti sanno che lui ha un’influenza col padre. Come è inevitabile… ha novant’anni c’ha un figlio solo”. Nardella concorda: “È fortissimo!”. Adinolfi: “Non è normale che tutti sappiano che bisogna passare da lui per arrivare” e Nardella sembra accennare a un possibile conflitto di interesse: “Consulenze, per dire consulenze dalla pubblica amministrazione”.
A conferma dell’ipotetica relazione tra la nomina di Capolupo e una presunta ricattabilità di Giulio Napolitano c’è una telefonata del giorno seguente. Antonello Montante, presidente di Confindustria Sicilia e delegato per la Legalità di Confindustria nazionale, parla con Adinolfi. Mentre aspetta Montante confida a qualcuno vicino: “Perché è stato prorogato… chissà perché… Figlio di puttana ha beccato ha in mano tutto del figlio di Napolitano, tutto… me l’ha detto Michele… ha tutto in mano sul figlio di Napolitano”. Dove Michele, secondo i carabinieri, è Adinolfi.
Non è chiaro, dalla registrazione, cosa abbia in mano Capolupo. Potrebbero essere parole in libertà ma una democrazia non tollera ombre. Anche Giorgio Napolitano non esce bene dalle intercettazioni, come quella di una conversazione tra Fabrizio Ravoni, già al Giornale dei Berlusconi e poi a Palazzo Chigi con Berlusconi e Fortunato. Il Noe definisce “interessante” la conversazione del 5 febbraio 2014 in cui il burocrate più potente ai tempi di Tremonti, “in contrasto con l’attuale governo Letta sente il bisogno di esternare circa un ruolo anomalo di Giulio Napolitano.
Il discorso – prosegue il Noe – parte da Fortunato che racconta a Ravoni le sue considerazioni sull’azione del Presidente della Repubblica, che avrebbe favorito provvedimenti favorevoli al figlio Giulio imponendo il rigore su altri: ‘Guarda è un uomo di merda io so’ convinto da tempo… prima ha fatto cadere questo poi ha spostato il rigore a parole perché tra l’altro quando si trattava di far passare i provvedimenti per l’Università che gli stavano al cuore al figlio era il primo a imporci le norme di spesa ma comunque poi ha imposto a tutto il paese un anno di governo Monti al grido rigore, rigore, rigore…’”. E il Noe ricorda che Napolitano jr. è professore ordinario a Roma tre.
di Vincenzo Iurillo e Marco Lillo
da Il Fatto Quotidiano del 10 luglio 2015
*Riceviamo e pubblichiamo:
“Il Fatto Quotidiano di oggi riferisce di una conversazione da taverna fra una serie di persone, da me mai frequentate, le quali, per spiegare il loro mancato ottenimento di vantaggi e nomine sostengono che ciò sarebbe dovuto al fatto, risibile e assurdo, che io sarei “ricattato” o “ricattabile”.
Nei nove anni di presidenza di mio padre ho sempre assunto un profilo pubblico e professionale volutamente in disparte, rifiutando moltissimi incarichi che anche indirettamente avrebbero potuto riverberarsi negativamente sulla attività e la immagine del presidente della Repubblica. 
Tant’è che i commensali, nei cui confronti valuterò le azioni da intraprendere, non riescono ad evidenziare un solo fatto, evento, provvedimento che in qualche modo mi avrebbe favorito.
Rimane una domanda di fondo: come sia possibile che conversazioni manifestamente irrilevanti, per la loro forma e il contenuto, siano potute entrare nella carte di un procedimento penale che riguarda tutt’altre vicende e da qui diffuse ad arte. Ma si tratta di malattia antica che va ben oltre il maldestro tentativo di gettare fango sulla mia persona”.
Giulio Napolitano

Renzi: “Letta incapace, Berlusconi è con me”. La strategia per Palazzo Chigi spiegata al generale Adinolfi. - Vincenzo Iurillo e Marco Lillo

Renzi: “Letta incapace, Berlusconi è con me”. La strategia per Palazzo Chigi spiegata al generale Adinolfi

L'INTERCETTAZIONE - L'attuale premier parlava così al telefono con l'attuale numero due della Guardia di finanza quando non era ancora premier. Voleva mandare Letta jr al Quirinale: "Sarebbe perfetto". E aggiungeva: "Lui non è capace, non è cattivo, l'alternativa è governarlo da fuori. B. sarebbe sensibile a fare un ragionamento diverso."

Le strategie per prendere il posto di Enrico Letta, spiegate dalla viva voce di Matteo Renzi in una telefonata dell’11 gennaio 2014, meno di un mese prima di suonare la campanellina dello sfratto al suo predecessore. Renzi, si scopre oggi, propose a Letta l’onore delle armi, uno specchietto per le allodole o una promessa che non si poteva mantenere e nemmeno rifiutare: il Quirinale nel 2017 in cambio di Palazzo Chigi. Ma Letta, che Renzi definisce “un incapace”, non accetta e così l’allora sindaco lo asfalta.
Nell’indagine di Napoli sulla Cpl Concordia c’è la vera trama della svolta politica. Il 10 gennaio 2014 Renzi va a Palazzo Chigi con Delrio. Qui avrebbe fatto la proposta all’allora premier, come racconta l’indomani. Ore 9.11, Renzi risponde al comandante interregionale della Guardia di Finanza Michele Adinolfi, allora indagato per una sospetta fuga di notizie che sarà archiviato su richiesta dello stesso pm Henry John Woodcock. Renzi parla sul suo cellulare, una “utenza intestata – annotano i carabinieri del Noe – alla fondazione Big Bang”. Quel giorno compie 39 anni.
Renzi (R): Signor generale!
Adinolfi (A): Mi dicono fonti solitamente ben informate che ti stai avviando anche tu verso una fase di rottamazione.
R: È la disinformatia del partito…
A: Come stai amico mio? Tanti auguri, tanti auguri e complimenti. Matteo, spero di vederti in qualche occasione.
R: Con molto, molto piacere. La settimana prossima sarà un po’ decisiva perché vediamo se riusciamo a chiudere l’accordo sul governo. E…
A: Rimpastino?
R: Sì, sì. Rimpastino sicuro. Rimpastone, no rimpastino! Il problema è capire anche… se mettere qualcuno dei nostri…
A: È lì il punto! O stare fuori, va bene?
R:No, bisogna star dentro.
A: Oppure stare dentro.
R: Stare dentro però rimpastone.
A: Significa arrivare al 2015.
R: E sai, a questo punto, c’è prima l’Italia, non c’è niente da fare. Mettersi a discutere per buttare all’aria tutto, secondo me alla lunga sarebbe meglio per il Paese perché lui è proprio incapace, il nostro amico. Però…
A: È niente, Matteo, non c’è niente, dai, siamo onesti.
In sostanza Renzi anticipa a un generale, non un suo consulente ma al limite un suo controllore, una strategia che nessuno ha mai svelato: la staffetta (il “rimpastone”) con un risarcimento, il Quirinale nel 2017, per l’inquilino sfrattato da Palazzo Chigi. Proposta rifutata. Due i problemi, spiega Renzi al generale: Letta jr ha 46 anni, dovrebbe aspettarne tre per il compimento dei 50, soglia minima per il Colle, e non si fida. Inoltre “il numero uno” alias Napolitano, giustamente, è contrario.
R: Lui non è capace, non è cattivo, non è proprio capace. E quindi… però l’alternativa è governarlo da fuori…
A: Secondo me il taglio del Presidente della Repubblica.
R: Lui sarebbe perfetto, gliel’ho anche detto ieri.
A: E allora?
R: L’unico problema è che … bisogna aspettare agosto del 2016. Quell’altro non c’arriva, capito? Me l’ha già detto.
A: Sì sì, certo certo.
R: Quell’altro 2015 vuole andar via e … Michele mi sa che bisogna fare quelli che… che la prendono nel culo personalmente… poi vediamo magari mettiamo qualcuno di questi ragazzi dentro nella squadra… a sminestrare un po’ di roba.
A: Sì sì, ho capito.
R: Purtroppo si fa così.
A: Non ci sono alternative, perché quello, il numero uno non molla e quindi che fai?
Renzi conferma che Napolitano è contrario e aggiunge: Berlusconi è favorevole. Il patto del Nazareno c’era già 8 giorni prima di essere siglato. L’incontro Renzi-Berlusconi è del 18 gennaio, ma fu annunciato il 16, cinque giorni dopo la telefonata.
R: E poi il numero uno anche se mollasse… poi il numero uno ce l’ha a morte con Berlusconi per cui… e Berlusconi invece sarebbe più sensibile a fare un ragionamento diverso. Vediamo via, mi sembra complicata la vicenda.
A: Matteo, intanto t’ho mandato una bellissima cravatta.
R: Grazie.
A: (…) Se vuoi il colore lo puoi cambiare, ci sono dei rossi e dei neri, va bene? (ride)
R:No ma va bene, poi io amo il calcio minore per cui va bene.. un abbraccio forte.
A: Che stronzo! Ciao, ciao. Buon compleanno, buona giornata.
Per comprendere l’ultimo passaggio bisogna sapere che Adinolfi è milanista e amico fraterno di Adriano Galliani da trenta anni. Inoltre è amico di Gianni Letta, come dimostrano altre conversazioni depositate nelle quali Letta senior lo sponsorizza mentre Letta jr lo fa fuori dalla corsa a comandante generale. Inoltre è considerato vicino a Berlusconi. Forse per questo Renzi gli parla del leader di Forza Italia quasi come se fosse un amico comune, a differenza di Napolitano. Se questo aiuta a capire perché Renzi, notoriamente viola, accetti una cravatta da un rossonero, non spiega perché il leader della sinistra italiana si faccia chiamare “stronzo” da un amico di Berlusconi, che vuole promuovere a capo della Finanza. Ma questa è un’altra storia.